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Addio a Pablito Rossi. Un grande campione rimasto uno di noi

 

La Gazzetta oggi è andata a ruba a Vicenza. Alle 9 del mattino era già praticamente esaurita in tutte le edicole. Come ai Mondiali di Spagna.

Per Paolo Rossi non poteva essere altrimenti, nella città che lo ha reso famoso e che lo ha visto disputare le sue più belle stagioni, nazionale a parte.

Era arrivato dal Como nel 1976, di proprietà della Juventus, a soli vent’anni ma con le ginocchia già logore a causa di tre operazioni al menisco.

A Vicenza giocò per tre stagioni, la prima in serie B (1976-1977) dove trascinò il Lanerossi alla promozione in serie A vincendo la classifica marcatori con 21 reti. La seconda (1977-1978) fu quella della consacrazione con il secondo in serie A alle spalle della Juventus e ancora con il titolo di capocannoniere, con 24 gol in 30 partite.

Poi la Nazionale dove divenne Pablito. Si impose all’attenzione già nei Mondiali d’Argentina del 1978, con 3 reti segnate e il quarto posto finale. L’Italia fu anche l’unica squadra che riuscì a battere l’Argentina di Kempes, Bertoni e Passarella, poi campione del mondo, vincendo per 1-0 nel girone con un gol di Bettega su assist di tacco dello stesso Rossi.

Ma l’anno magico fu il 1982 dove divenne l’eroe del Mondiale spagnolo vinto dall’Italia e capocannoniere con sei reti, tre gol al Brasile, due alla Polonia in semifinale e il sesto alla Germania in finale.

Assieme a Roberto Baggio e Bobo Vieri detiene il record di gol (nove) segnati in maglia azzurra ai Campionati Mondiali.

Il Veneto è sempre stata la sua terra e Vicenza la sua città che amava profondamente e dove aveva continuato a vivere dopo il suo ritiro successivo alla sua ultima stagione disputata fra l’altro a Verona.

Un campione famoso in tutto il mondo che però è sempre rimasto una persona semplice, disponibile con tutti a scambiare qualche parola, umile come pochi e amatissimo dai suoi compagni.

A Vicenza lo si vedeva spesso al circolo tennis di via S. Antonino, dov’era socio e dove giocava quando le ginocchia glielo permettevano con il suo amico e compagno di squadra, Giancarlo Salvi.

Raccontava anche di aver giocato spesso anche a ping pong, sport che gli piaceva molto. Nella sua casa in Toscana dove negli ultimi anni era tornato per gestire un agriturismo, aveva anche un tavolo.

Un male incurabile, un carcinoma ai polmoni diagnosticato la scorsa primavera e affrontato con grande coraggio e voglia di vivere, se l’è portato via per sempre.

Pablito appartiene a quella categoria di esseri umani che non può morire mai perchè le sue imprese resteranno scolpite nei ricordi come le emozioni di quelle indimenticabili notti spagnole.

A Ballando con le stelle, programma televisivo su Rai Uno che lo aveva visto protagonista qualche anno fa, si era meravigliato del fatto di come mai fossero tutti gentili con lui.

Forse anche qui sta la sua grandezza di campione di fama mondiale rimasto sempre se stesso. Paolo, una persona di una semplicità disarmante capace di dire di sì a tutti passando dagli inviti di stato alle cene di paese.

Pablito per sempre nel cuore di tutti gli sportivi. Il suo resta un grande insegnamento di vita, quello di aver saputo rimanere “uno di noi” anche dopo aver raggiunto una fama inimmaginabile.
In questo, senza ombra di dubbio, è stato il più grande di tutti.